Le (mie) cittàInvisibili
Le città nascoste.
Galizia
Nella regione dello Jiuxiang, tre giorni a cavallo verso sud est, si trova la città segreta di Galizia. Soltanto pochi sanno trovare la sua ubicazione,
raggiungerla è infatti un cammino lungo e tortuoso. Si passa sopra il ponte di Diehong, sospeso sulla Valle dei Ricordi, il viaggiatore dovrà discendere poi nelle tre caverne. La caverna dell’Elefante bianco, la caverna della Dea Madre, la caverna del Dragone disteso.
La città si trova all’interno del cratere dello Yiliang, un vulcano spento da secoli, celata allo sguardo da una foresta lussureggiante la ricopre quasi completamente. Gli alti palazzi e le sue torri svettano verticalmente tra la vegetazione.
Le più importanti risorse di Galizia sono i lapislazzuli dei giacimenti di Sar-e-Sang e i profumi ricavati dalle orchidee selvatiche. Le pietre più preziose vengono lavorate e incastonate in monili e collane d’oro, gli scarti frantumati per produrre il pigmento turchese. Il profumo delle orchidee è talmente intenso da creare uno stato di leggero stordimento nel viaggiatore, che lo porta a sognare ad occhi aperti. Egli avrà visioni di luoghi conosciuti e sconosciuti. Rivedrà la sua giovinezza e la vecchiaia che lo attende. Avrà così l’impressione di avere già vissuto quella vita in un’altro luogo, in un altro tempo.

Le città e il vento.
Corilia
Nella regione dello Jiuxiang, tre giorni a cavallo verso sud est, si trova la città segreta di Galizia. Soltanto pochi sanno trovare la sua ubicazione,
raggiungerla è infatti un cammino lungo e tortuoso. Si passa sopra il ponte di Diehong, sospeso sulla Valle dei Ricordi, il viaggiatore dovrà discendere poi nelle tre caverne. La caverna dell’Elefante bianco, la caverna della Dea Madre, la caverna del Dragone disteso.
La città si trova all’interno del cratere dello Yiliang, un vulcano spento da secoli, celata allo sguardo da una foresta lussureggiante la ricopre quasi completamente. Gli alti palazzi e le sue torri svettano verticalmente tra la vegetazione.
Le più importanti risorse di Galizia sono i lapislazzuli dei giacimenti di Sar-e-Sang e i profumi ricavati dalle orchidee selvatiche. Le pietre più preziose vengono lavorate e incastonate in monili e collane d’oro, gli scarti frantumati per produrre il pigmento turchese. Il profumo delle orchidee è talmente intenso da creare uno stato di leggero stordimento nel viaggiatore, che lo porta a sognare ad occhi aperti. Egli avrà visioni di luoghi conosciuti e sconosciuti. Rivedrà la sua giovinezza e la vecchiaia che lo attende. Avrà così l’impressione di avere già vissuto quella vita in un’altro luogo, in un altro tempo.

La città e il tempo.
Calipso
Attraversata la depressione di Turfan, situata tra i monti Kunlun e Karakorum, alternando giornate roventi a notti ghiacciate, il Viaggiatore troverà finalmente riposo nell’oasi di Calipso.
Circondata da alte mura rosse come il tramonto, la città ha quattro ingressi principali, la porta di bronzo, la porta di rame, la porta d’argento e la porta di Tormalina. Ma le meraviglie che egli scoprirà una volta superati i suoi portali sono inimmaginabili.
Grandi bacini di acque dolci e cristalline circondati da piantagioni di palme da datteri e giardini di rose profumate. Negozi di spezie e collane d’ambra, botteghe di alizarina e pietre lunari, abiti e turbanti di sete cangianti, rose del deserto e nautilus giganti, specchi dorati e cristalli iridescenti.
Graziose fanciulle gli offrono collane di fiori intrecciati, invitandolo ad bagnarsi con loro nelle piscine. Sedotto dalla loro bellezza si immergerà nelle acque turchesi, accetterà di desinare presso la loro dimore dove sarà nutrito con cibi speziati e vini liquorosi dal gusto di mele e pepe nero. Passerà con loro la notte in letti con lenzuola di lino e cuscini di raso.
Ma al suo risveglio guardandosi allo specchio non riconoscerà il proprio volto, trovandosi invecchiato di sette anni. Cercherà i propri compagni di viaggio appena lasciati, ma li troverà anch’essi cambiati, invecchiati e come lui prigionieri di Calipso, la città delle illusioni.

Le città e le lacrime.
Ramona
Addentrandosi per quattro giorni nella provincia della Manciuria, sul bacino del fiume Songhua troverete la città di Ramona.
La grande porta d’oro al suo ingresso è attraversata ogni giorno da carovane di mercanti che trasportano merci di ogni tipo, preziose pelli di zibellino, lapislazzuli dai Mari del nord, cavalli arabi e buoi muschiati, verdi giade e lacche vermiglie, porcellane leggere come conchiglie, tappeti dalla Persia e specchi egizi, profumi ed essenze dall’Afganistan.
Ma quel che più attrae il viaggiatore in questa meravigliosa città è il commercio delle perle. La produzione delle perle di Ramona è il fulcro dell’economia della regione. Il loro valore è in relazione al loro diametro e colore. Una collana di perle di perfette potrebbe diventare il dono ideale per l’imperatrice, la chiave per ottenere da lei terre e titoli di Corte.
Inoltre sono note le proprietà medicamentose della polvere di perla disciolta nell’aceto, possono guarire malattie del fegato e dei reni, rimedio per la depressione e l’impotenza.
Si dice che le perle nascano dalle lacrime delle Nereidi le ninfe del fiume, che piangono la sorte delle fanciulle suicide per delusioni d’amore. Per questo il viaggiatore lasciando la città getta una rosa bianca nelle acque dello Songhua.

La città e il dubbio.
Amnèsia
Amnésia è una piccola città portuale sul mar Nero, in cui si avverte un’atmosfera d’irrequietezza. Il tempo qui è assai mutevole. Il mattino una nebbiolina sottile avvolge le navi e le strade, per trasformarsi in un pomeriggio assolato che lascia la notte il posto ad una rossa luna turca, circondata da fuggenti nuvole oscure.
È un luogo in cui le persone che s’incontrano, si ha come l’impressione di averle già viste, ma non veramente conosciute. Non ci si ricorda ne il dove, ne il come. Forse durante un viaggio in mare o in un pranzo di nozze di un lontano cugino, oppure in una vecchia foto di famiglia. Alcune possono ricordare le fattezze di un animale, un pesce, un lemure o un uccello. Oppure si può ritrovare la loro fisionomia nel tronco di un olivo contorto, nella forma di un cirro cumulo o di una roccia.
Anch’esse ti fissano, come se ti avessero riconosciuto a loto volta, ma subito distolgono lo sguardo imbarazzato, forse un poco apprensivo, per paura e gli si rivolga una parola, un cenno. E subito spariscono velocemente nella folla, dietro un uscio o nell’ombra di un portico.
Il viaggiatore li seguirà con lo sguardo mentre si allontanano rapidamente, senza mai voltarsi indietro. Tornerà col pensiero a quegli incontri, cercando di afferrarne il significato. Come se avesse perduto qualcosa d’importante, la risposta ad una domanda non formulata, a cui solo quello sconosciuto o sconosciuta, avrebbe potuto rispondere.

Le città e i simboli.
Dorazia
La città castello di Dorazia è situata sul delta del fiume Me Kong, duecento miglia a nord-est della pianura di Zuò-ér-zuò.
La struttura verticale della città è caratterizzato da innumerevoli edifici, palazzi, balconi, terrazze e attici, ammucchiati l’uno sopra l’altro su vari piani, collegati tra loro da lunghe scalinate di pietra. Le vie possono essere così anguste e strette che a malapena riescono a passarci due persone. Le piazze rotonde o a semicerchio, appaiono improvvisamente alla fine di una strada o di un vicolo, come il pianerottolo di una scala.
Gli abitanti di Dorazia hanno un altissimo senso della riservatezza, per questo non vi sono nomi sulle porte di casa, ma targhe dorate con incisi simboli che rappresentano il loro nome, cognome e professione. Altrettanto viene fatto per i nomi delle strade e delle piazze. E così pure per le insegne delle botteghe, le locande, gli edifici pubblici, le stazioni e i mezzi pubblici.
Il viaggiatore deve studiare a fondo questo linguaggio per arrivare a districarsi nel labirinto verticale di questa città. Inoltre l’elaborazione dei significati è in tale continua evoluzione e velocità, che gli stessi abitanti stentano a comprenderlo completamente. Le nuove generazioni aggiungono poi nuovi simboli che risultano incomprensibili agli adulti, aggiungendo confusione alla comunicazione.
Accade così che molti viaggiatori, esasperati dalla difficoltà di comprensione, senza riuscire ad afferrare i suoi simboli e corretti significati, passano il tempo cercando una via di fuga dall’enigmatica città di Dorazia.

La città e il tempo.
Sorona
Per comprendere appieno l’esistenza del tempo e dei suoi effetti, il viaggiatore dovrebbe visitare Sorona, la città dai mille orologi, situata nella piana di Cronos. In questa insolita città si trovano orologi di ogni sorta, a pendolo, ad acqua, a carillon, a cucù, a vento, ad energia solare, a cristalli liquidi, a vapore… Sessanta torri con grandi orologi a muro mossi da ingranaggi d’argento, ne scandiscono il tempo. Sorona è per questo divisa in sessanta quadranti e l’orgoglio supremo di ciascuno di essi è di stare un’ora avanti rispetto agli altri. Cosicché gli abitanti che si spostano da un cantone all’altro, si trovano sempre ad essere un’ora in anticipo o in ritardo. L’architettura dei suoi palazzi spazia da grattacieli in vetrocemento a capanne di legno e paglia, a edifici vittoriani di mattoni rossi e fregi in gesso.
I galli cantano nelle ore più inaspettate, poiché il sole sorge da una parte, mentre contemporaneamente la luna sorge dall’altra. Gli alberi perdono le foglie, fioriscono e producono frutti simultaneamente, i giornali raccontano i fatti accaduti ieri o che accadranno domani.
Il viaggiatore che la percorre in senso orario sembra guadagnare tempo, che perde poi tornando indietro per uscirne. Ha così l’impressione di non esservi mai entrato, poiché è tornato nell’istante stesso in cui è partito.

Le città e gli sguardi.
Cassiopea
Attraversato il deserto dei Desideri Inappagati, attraversato il lago delle Lacrime Amare, improvvisamente all’orizzonte, appare la città d’avorio di Cassiopea.
Le sue torri bianche e contorte svettano contro il cielo rosa e cremisi del tramonto, perché a questa città si può giungere solo all’imbrunire di una giornata di sole.
Entrando dalla porta di bronzo, senza l’aiuto della guida autorizzata trovata all’ingresso, si rischia di perdersi mille volte per le sue strade tortuose.
La prima sensazione è quella di sentirsi osservati da sguardi indiscreti, celati dietro ogni finestra socchiusa, che annotano ogni vostro movimento. Persino il pensiero sembra essere allo scoperto. Un senso d’inquietudine comincia a serpeggiare nell’animo. Davanti ai lussuosi palazzi di marmo merlettato, sono di guardia robuste guardie ubzteche in divisa rossoblu, alti colbacchi e alamari dorati, con ringhiosi cani neri dalle zanne scintillanti al guinzaglio. Anche nelle taverne dov’è possibile ristorarsi e passare la notte, si ha la sensazione palpabile di venire osservati. Così anche i viaggiatori cominciano ad occhieggiarsi sospettosamente tra loro, come se temessero di venire derubati dei loro averi dagli stessi compagni di viaggio.
Una volta lasciata la città alle spalle, il viaggiatore non si volta mai indietro per timore di quello strano senso di colpa che l’ha inconsciamente accompagnato durante il suo soggiorno in Cassiopea.

La città e l'oblio.
Darmuk
La città Santa di Darmuk, nella provincia di Daipur, è meta di pellegrinaggi. Lunghe carovane di cammelli e carri affrontano un lungo viaggio per raggiungerla, valicando montagne impervie e aridi deserti, paludi mefitiche e sabbie mobili.
La città di forma ottagonale, è famosa per le sue otto vasche di acque miracolose. Immergendosi in una delle otto piscine tempestate di pietre preziose, il pellegrino sarà guarito dai suoi mali fisici e spirituali.
Ognuna delle otto vasche è specifica per un preciso bisogno spirituale. La vasca di Rubino è indicata per pellegrini soggetti agli scatti d’ira o sofferenti di pene d’amore. La vasca di Zaffiro guarisce la melancolia e il male oscuro.
La vasca d’Opale, ridona entusiasmo e buona salute. Quella di Smeraldo, guarisce l’irrequietezza e tempera la sete di avventura. La vasca d’Ametista è legata all’incapacità di dimenticare, mentre la vasca d’Agata è adatta a guarire la troppa leggerezza e volubilità. La vasca d’Eliodoro aiuta i sognatori e poeti a ritrovare l’ispirazione perduta.
C’è infine la vasca di Tormalina, la più seducente.
Bagnandosi nelle sue acque turchesi il pellegrino si sente trasportato al tempo dell’infanzia. Scorderà le sue pene, rifugiandosi nei suoi sogni di bambino. Incantato dai profumi intensi del caprifoglio e del biancospino, ammaliato dal suono delle cornamuse celesti, perderà il senso del tempo, rimandando giorno dopo giorno il suo ritorno a casa.

Le città e l'industria.
Carpazia
Il viaggiatore rimarrebbe deluso dalla visita della città industria di Carpazia, se si pensasse di trovarvi qualcosa che non sia profitto e produttività. La città è composta prevalentemente da fabbriche, industrie, capannoni di stoccaggio, altissime ciminiere fumanti, tralicci e centrali elettriche, enormi reti di comunicazione, capannoni di vetrocemento, gasometri ed alte gru. Per le strade ricoperte dal catrame e pavé si ode lo sferragliare dei tram e l’incessante rumore del traffico. Antenne ogni tipo punteggiano i tetti dei casermoni abitativi in mattoni rossi, del tutto simili tra loro.
L’unico scopo di questo polo industriale dell’impero è la produzione. Qui vengono costruite tutte le auto, i mezzi commerciali, i vagoni dei treni, le macchine agricole, gli elettrodomestici, le stufe ed elementi per riscaldamento.
A Carpazia non esistono negozi privati, soltanto cooperative che vendono i pochi prodotti agricoli disponibili, carote, patate, spinaci, rape, fagioli, mele, farina di granoturco, aringhe affumicate, carni salate.
Il passatempo più popolare sono gli scacchi, ai quali tutti gli abitanti si dedicano con passione sin dalla più tenera età. Nel Centro della città vi si trovano infatti innumerevoli scacchiere disegnate sui tavoli di pietra, dove si svolgono appassionati tornei.
La vita scorre come su di un nastro trasportatore a Carpazia, dettata dalle regole di una immensa scacchiera.

Le città e l'acqua.
Felona
Superata la catena del Caucaso orientale attraverso il passo di Kailash giungerete al mare d’erba che ricopre la depressione del Kuma-Manyč.
Qui tra le nebbie azzurrine che ricoprono la pianura, circonfusa da una luce opalescente, vi apparirà improvvisamente la città giardino di Felona.
Entrando dal grande cancello dorato il Viaggiatore si trova immerso in un silenzio innaturale. Le strade si snodano tra giochi d’acqua, siepi ed aiuole fiorite. Uccelli dalle lunghe code multicolori s’inseguono tra i rami degli eucalyptus, che profumano l’aria di dolci effluvi.
Può capitare all’improvviso che il terreno cominci a tremare e un forte rumore di zoccoli faccia trasalire il Viaggiatore, quando una mandria di bianchi cavalli selvatici attraversi al galoppo sfrenato la città, sollevando una spessa nuvola di polvere.
A Felona le notti sono chiare e luminose, mentre una luna turca si specchia languida nelle sue piscine turchesi. Un cielo punteggiato da decine di stelle cadenti invita il Viaggiatore ad esprimere il suo desiderio più intimo, poter riposare infine in uno dei suoi verdi giardini.
Tutto ciò è descritto nel salterio del Viaggiatore. Ma nessun pellegrino ha mai veduto Felona e i suoi bianchi palazzi. Attraversando la depressione in un giorno di Marzo, incontrerete soltanto mandrie di bianchi cavalli selvaggi che corrono veloci nella pianura.

La città e i sogni.
Topazia
Nel mezzo della pianura di Tai Pen sorge la meravigliosa città di Topazia.
Una gran sarabanda accoglie lo straniero che si trovi a visitare la città entrando dalla grande Porta Rossa. I suoni di fanfare e tamburi accompagnano i suoi passi, sembra che una gran festa sia al culmine del suo svolgimento. Ed egli ha l’impressione che questa festa sia in onore della sua venuta. Graziose fanciulle occhieggiano dalle finestre socchiuse riempiendo il suo cuore di speranzose opportunità. Rincorrendo questi suoni festosi egli si inoltra vieppiú nella città, ma non riesce mai a raggiungere la banda che suona queste festose melodie. Profumi di pane fresco stimolano il suo appetito, ma non vi sono botteghe che lo vendano. Ben presto scende la sera ed egli non ha ancora trovato un rifugio per la notte. Nessuna porta si apre per accoglierlo ed egli si vede costretto a passare la notte appoggiato ad uno stipite.
La luce fredda del mattino lo coglie infreddolito e affamato, appoggiato ad albero in mezzo ad una piana deserta.

Le città e gli scambi.
Eufrasia
Attraversata la regione delle Montagne Sospese, giungerete alla depressione di Zhang Ho, laddove sorge Eufrasia una delle undici meraviglie dell’impero.
La città poggia sopra un millenario albero di Canfora, dai cui rami pendono le sue case di legno intarsiato, collegate da scale a spirali. Tra un piano e l’altro si spostano enormi aironi bianchi che fungono anche da trasporto pubblico. Anche gli insetti sono di una grandezza innaturale, api della dimensione di un cavallo, enormi cavallette di un verde cangiante.
Per le strade le botteghe offrono tappeti e stoffe sottili come ali di farfalle, lampade illuminate da lucciole fosforescenti, spezie per condimenti ed erbe medicamentose, pigmenti per la tintura dei tessuti, ombrelli di carta di riso, variopinti cappelli ornati da piume di pavone, gusci di lumache intagliati, abiti di seta o caftani di leggerissimo un cotone.
Nell’aria si spande il dolce profumo delle ciambelle di mele e canditi, confettura di rose, frittelle di mais e pistacchi tostati. Il mattino e la sera risuona di melodiosi canti di uccelli.
Ogni cosa sembra perfetta a Eufrasia e anche a distanza di tempo il viaggiatore ne serberà il ricordo. Nelle notti fredde sotto la tenda spesso si domanderà perché mai egli non abbia concluso laggiù il suo eterno peregrinare.

Le città e i la pietra.
Panacea
La città sospesa di Panacea si eleva su enormi massi tondeggianti, uniti tra loro da funi d’argento. Non esistono strade in questa città, tutto è collegato da passaggi di corde e pulegge che trasportano gli abitanti da un piano all’altro grazie a complicati contrappesi. Gli abitanti producono meravigliosi fiori in filigrana d’argento che vengono esportati in tutto il regno. L’abilità degli orafi è affinata a tal punto che riescono a trasmettere persino il profumo dei fiori alle loro creazioni.
Quando il viaggiatore scopre Panacea ha l’impressione di essere sempre vissuto in essa, come nel liquido amniotico di sua madre. Non sente più il proprio peso e ha l’impressione di galleggiare. È l’argento che filtra ovunque, nella rete idrica e che nutre le piante idroponiche, la principale fonte di nutrimento di questa città.
Ma il giorno della sua partenza si accorge improvvisamente della pesantezza del suo corpo e delle sue ossa e cercherà invano di ritrovare quella leggerezza aspirando la filigrana dei fiori d’argento.

Le città e la guerra.
Zenobia
A nord della regione di Shintai, attraversando il lungo ponte sospeso sul fiume Rosso che la attraversa longitudinalmente, troverete la città di Zenobia.
Non aspettatevi cupole dorate e fronzoli decorativi, tutto qui ha una funzione ben precisa. Le sue torri d’acciaio e vetro, sono rivestite da specchi argentei che producono l’energia necessaria al mantenimento delle sue industrie belliche. Persino il fumo delle ciminiere è incanalato e sfruttato per muovere i pesanti macchinari. Le strade, perpendicolari tra loro, rigurgitano di veicoli che la percorrono costantemente, giorno e notte.
La città è suddivisa in undici zone, ognuna delle quali è specializzata in una determinata produzione. Vi sono settori per la costruzione di armi e marchingegni bellici. Catene di montaggio che sfornano carri rivestiti di lamiere corazzate. Industrie manifatturiere per divise militari e tute per operai. Calzaturifici per scarponi ed elmetti dì cuoio. Magnesio, salnitro e carbone vengono estratti dalle miniere e lavorate per la produzione di esplosivi.
Il tempo qui è prezioso, non c’è posto per lo svago. La mattina e la sera le sirene ululano l’inizio e la fine della giornata lavorativa.
Soltanto ai mercanti d’armi è consentito l’ingresso. Se uno sfortunato viaggiatore capita per caso in questa città, difficilmente riesce ad uscirne. Viene arrestato con un qualsiasi pretesto e costretto a lavorare nelle sue fabbriche o nelle miniere nelle viscere di Zenobia.
La città della guerra.

Le città e gli oggetti.
Calpurnia
La città edificata sulla penisola di Tinany si affaccia sul lago salato di Balaton.
La prima avvisaglia della sua vicinanza è un suono di canne d’argento, è l’effetto del vento che soffia attraverso i suoi mille orifizi. La sensazione è a tal punto straniante che non si riesce a distinguere se il suono provenga da fuori o dentro di voi. Ma ancor più stupefacente è la visione che appare agli occhi del viaggiatore. Una piramide altissima completamente formata da conchiglie marine, che nei tempi antichi appartenevano ad un mare ormai scomparso. Il riflesso madreperlaceo delle sue torri a spirale è talmente abbagliante, da poterla ammirare soltanto attraverso lenti oscure.
Una volta entrati anche le strade risultano abbaglianti, lastricate da una polvere finissima e brillante composta da microscopiche conchiglie.
Procedendo per le strade s’incontrano innumerevoli botteghe d’antiquariato, ognuna di esse specializzata nella vendita o nella permuta di oggetti di un certo tipo. Vi sono botteghe che trattano piccoli animali di madreperla cinese, antiche mappe ed astrolabi, teste di medusa scolpite nel legno di sandalo, mappamondi di cristallo, cannocchiali d’ambra, lenti e specchi concavi. Qui potrete qualunque cosa stiate cercando, basta possedere sufficiente pazienza e perseveranza. Molti viaggiatori tuttavia finiscono per scordare il motivo della loro venuta a Calpurnia. Sposano la figlia della padrona della pensione in cui sono alloggiati e aprono una rivendita di oggetti. In alcuni momenti sembrerà loro di riconoscere l’oggetto che stavano cercando in uno di quelli che stanno vendendo. Ma il dubbio è fugace e tornano al loro mercanteggiare. A volte accade che nuovo viaggiatore entri nel loro negozio alla ricerca di un oggetto particolare, e per un attimo essi rivedono nei suoi occhi la loro stessa sete di ricerca del tempo perduto.

Le città e gli specchi.
Porfiria
A tre giorni di cavallo nel deserto rosso, come un miraggio, il viaggiatore vedrà sorgere dalle sabbie la città di Porfiria.
La sua struttura è simile ad uno specchio infranto. Porte e finestre si aprono affacciandosi su scale e ballatoi. Dietro le finestre chiuse si sentono voci di donne che non si mostrano mai. Reti da pesca penzolano dai balconi per catturare acciughe e calamari. Galli di latta colorata ruotano sulle guglie e i campanili. Vele d’oro catturano il vento per produrre l’energia. La notte si accendono lampare e lanterne, e tutta la città s’illumina di luci colorate. Per le strade si mescolano odori di frittura di pesce e profumo di tuberose sui davanzali. Ogni contrada porta il proprio simbolo. La ghianda, la foglia di Ginco, la biglia di vetro, il topazio, la conchiglia…
Il tempo si è fermato in questa città, dove gli orologi sono senza lancette. Il viandante che vi giunga perde ben presto il conto dei suoi anni. Pensa di essere ancora giovane, mentre il suo aspetto è ormai quello di un vecchio canuto.

Le città e la memoria.
Diomira
Seguendo a ritroso il delta del fiume giallo, quattro giorni verso sud, arriverete alla città arborea di Diomira.
Piante grasse alte come palazzi, fiori di straordinaria bellezza e colori. A Diomira le case si vendono come semi dai quali germogliano le dimore degli abitanti. I semi posti nella terra, nel tempo di una stagione forniscono le nuove abitazioni. Vi sono semi diversi a seconda delle necessità. Semi che insieme alla casa forniscono anche la sua mobilia, sedie, divani, letti, credenze, armadi e tappeti, che crescono all’interno delle stanze.
I semi forniscono inoltre ogni genere di cibo e bevanda immaginabile. I tetti dei palazzi sono enormi baccelli dorati essiccati al sole.
La città è pervasa dal profumo intenso dei fiori e al calar della sera Infiorescenze fluorescenti illuminano le case e le strade. Uccelli del paradiso fanno i loro nidi tra i rami e il mattino e la sera riempiono l’aria di canti meravigliosi.
Il pericolo è che molti viaggiatori che entrano nella città ne subiscono a tel punto il fascino ammaliatore da scordarsi ogni cosa passata, desiderando soltanto dimorare in essa per sempre.

Le città e il labirinto.
Sulpizia
La città di Sulpizia si trova al centro della foresta di Lagolungo. Pochi possono raccontare di averla veramente visitata interamente. Le sue strade girano intorno ed entro ad essa, perdendosi in una miriade di viottoli e stradine che portano a giardini di pietra e ghiaia. Non esiste una mappa della città poiché Sulpizia si modifica costantemente, le strade vengono chiuse e deviate per eterni lavori di manutenzione. Cerchi un luogo preciso e finisci per giungere in un vicolo sbarrato da segnali che indicano deviazioni complicate e incomprensibili. Ben presto il viaggiatore si scoraggia e cerca di tornare da dov’è venuto, ma anche quella via ben frattempo si è modificata. Se è abbastanza fortunato d’avere con sé una bussola riuscirà a raggiungere il punto di partenza, altrimenti è destinato a restarvi per sempre. Così la popolazione di Sulpizia è formata soprattutto da viandanti che cercano invano il luogo della loro destinazione finale.

Le città e la lentezza.
Dorotea
Seguendo a ritroso il delta del fiume giallo, quattro giorni verso sud, arriverete alla città arborea di Diomira.
Piante grasse alte come palazzi, fiori di straordinaria bellezza e colori. A Diomira le case si vendono come semi dai quali germogliano le dimore degli abitanti. I semi posti nella terra, nel tempo di una stagione forniscono le nuove abitazioni. Vi sono semi diversi a seconda delle necessità. Semi che insieme alla casa forniscono anche la sua mobilia, sedie, divani, letti, credenze, armadi e tappeti, che crescono all’interno delle stanze.
I semi forniscono inoltre ogni genere di cibo e bevanda immaginabile. I tetti dei palazzi sono enormi baccelli dorati essiccati al sole.
La città è pervasa dal profumo intenso dei fiori e al calar della sera Infiorescenze fluorescenti illuminano le case e le strade. Uccelli del paradiso fanno i loro nidi tra i rami e il mattino e la sera riempiono l’aria di canti meravigliosi.
Il pericolo è che molti viaggiatori che entrano nella città ne subiscono a tel punto il fascino ammaliatore da scordarsi ogni cosa passata, desiderando soltanto dimorare in essa per sempre.
